Io son l’umile ancella – 4 Parte

Alla fine del 1942 Lia affronta una tournée in Polonia e Cecoslovacchia, per le truppe tedesche e italiane in partenza verso i fronti; l’esperienza è durissima, incontrerà neve, freddo, gelo e colera, oltre al dolore e allo strazio di tanti giovani mandati a morire e alle sempre più pressanti discriminazioni razziali. A Cracovia, due episodi la feriranno in modo particolare: i bus con il reparto per gli ebrei dove, per silenziosa protesta, ogni volta che le capiterà di usare i mezzi, salirà con loro, e il divieto per gli ebrei di camminare sul marciapiede. Per quest’ultimo episodio interverrà direttamente, frapponendosi tra un ufficiale tedesco ed un’anziana donna che stava per essere fustigata per aver osato infrangere tale divieto.
Nel marzo del 1943, Lia torna a Berlino, come vedette per lo spettacolo al Winter—Garten. Sul treno, avendo ancora viva l’immagine dei luoghi desolati delle campagne, è colpita dal fatto di scorgere la fiancata di un palazzo interamente rivestita dalla sua silhouette con il suo nome: Berlino non ha ancora idea di ciò che tra poco accadrà. Il Winter-Garten sarà ancora un successo prorogato sino ad Aprile.
Arriva il 25 luglio e gli italiani passano dal rango di amici a quello di nemici nel volgere di una notte. Il passaggio brusco e rapido Lia lo avverte appena entra in una Caffetteria di Bergen insieme a Walter Brunelli tenore italiano. Il loro ingresso infatti è seguito da numerosi insulti, fino al giorno prima erano ammirati, le vetrine dei negozi esponevano i loro ritratti; il giorno dopo erano dei paria.
Lia decide di interrompere lo spettacolo, non può cantare per un pubblico che la insulta, ma l’impresario non le scioglie il contratto, così Lia è costretta, per poter tornare in Italia, ad iniziare uno sciopero della fame. Per imporle di smetterlo, la direzione del teatro la costringerà a passare la visita medica nell’ambulatorio riservato alle truppe, mettendola in fila con i soldati; un’altra donna forse non avrebbe accettato, e forse non avrebbe saputo tener testa al maggiore tedesco che con voce stentorea le ordinava di cantare: “Lei stasera canta,”;- Io non canto, – rispondeva Lia, e il maggiore di rimando “ Lei canta”! — “No! No!” ripeté Lia fino a spuntarla.
Parte da Bergen quindi con 4 bauli – armadio contenenti tutto il suo patrimonio: i vestiti di scena. Arrivata a Berlino cerca di tornare in Italia, ma tutte le dogane sono chiuse. Solo quella di Ancona è ancora disponibile, ed è lì che confidando nell’amico Brunelli tenore marchigiano apprezzato da von Karajan, invia i bagagli, preziosi strumenti di lavoro. Corre all’ambasciata italiana di Berlino dove otterrà, con un colpo di fortuna, la cabina diplomatica in uno degli ultimi treni in partenza per l’Italia.
Questa copertura diplomatica le sarà molto utile, perché riuscirà a Monaco ad eludere i controlli: più volte gli altoparlanti chiameranno il suo nome invitandola a scendere per comunicazioni urgenti. Se si fosse trovata in un’altro scompartimento sarebbe stata fermata e riportata indietro.
Il lungo viaggio di ritorno la riporta a Roma, dove l’accolgono le macerie del mulino Pantanella, distrutto a seguito del terribile bombardamento del quartiere San Lorenzo. Accanto al mulino, abitava la sua famiglia che era stata vittima di una irruzione il 26 luglio da parte di un gruppo di antifascisti: sua sorella per lo shock perse la parola per 2 anni.