Io son l’umile ancella – 7 Parte

Conclusasi bruscamente l’esperienza con Macario, volle mettersi alla prova: “Voglio appurare se ancora ho voce” e con questa domanda sulle labbra, ma soprattutto nel cuore, si presentò alla Scala per incontrare il maestro Tullio Serafin che l’aveva, a suo tempo, esaminata per la borsa di studio vinta all’Opera di Roma.
L’accolse il maestro Tieri primo sostituto del Maestro Serafin, al quale Lia espose il motivo della visita. Il maestro Tieri, chiedendole se avesse con sé della musica, la sorprese perché non aveva pensato ad una audizione, ma semplicemente a verificare con alcuni i vocalizzi la qualità della sua voce. Le venne chiesto quindi di tornare nel pomeriggio per essere ascoltata. Lia cantò ancora una volta “lo son l’umile ancella”, alla
fine della quale, Tieri la scritturò per la parte di Flora per Traviata dicendole: “Ci dispiace, non le possiamo offrire una parte importante, ma è sicuramente una parte molto ambita”.
Era il 1946 e finalmente il massimo teatro italiano La Scala di Milano le aprì le porte. La regia era affidata al giovane Giorgio Strehler che durante le prove ammirerà la disinvoltura di Lia nell’occupare la scena al punto da dirle “A te non devo dire niente, muoviti come vuoi..” gli interpreti erano la Carosio, Tito Gobbi e Monteano.
Fu un successo, ma dopo poche recite uscì un articolo sulla stampa in cui si accusava di collaborazionismo Lia Origoni, denunciando “l’impudenza” di permettere ad una “soubrettina” di calcare il “sacro suol” del palcoscenico più importante d’Italia.
Minacce varie, addirittura di bruciare il Teatro arrivarono anche alla direzione della Scala tanto da costringere il Direttivo a riunirsi e a proporle di dimettersi dal ruolo di Flora per motivi “di ordine pubblico”, offrendole in cambio, la parte di Liù nella Turandot prevista per la stagione estiva dell’Arena di Verona. Lia, chiamata per essere consultata sul da farsi, li guardò tutti, poi rivolgendosi al solo maestro Serafin chiese: “Maestro, mi atterrò alla sua risposta, lei, può protestarmi?” (con tale termine in
teatro si definisce il potere dl un Maestro d’orchestra di rifiutare un’artista per incapacità e/o scarsa preparazione) “No, io, figlia mia, non posso” rispose il Maestro e allora lei rispose “Grazie, io non me ne vado!”.
Il Teatro La Scala in quell’occasione non bruciò, e Lia concluse il ciclo di rappresentazioni conquistando il favore del pubblico, in una stagione difficile per molte cantanti, anche per la Callas che fu bocciata proprio alle audizioni della Traviata, opera questa che divenne in seguito uno dei suoi “cavalli di battaglia”. Dopo la Traviata per la stagione estiva, fu la volta dell’Orfeo di Gluck, dove interpretò Amore sostituendo alla prova generale la titolare Loretta Di Lelio, il maestro era Jonel Perlea. I costumi e le
scene, bellissime, erano di Giò Ponti, Orfeo era interpretato da Ebe Stignani che durante la Prima diede un calcio a Lia, dietro le quinte, per non aver questa osservato una regola del teatro lirico a lei sconosciuta (alla fine del 1° atto è d’uso che Orfeo esca solo a ricevere gli applausi). Tale gesto notato dal Maestro Perlea fu duramente rimproverato alla Stignani con un secco “Dobbiamo ringraziare Lia Origoni che ha salvato lo spettacolo”. Le repliche si svolsero con tranquillità ed armonia, e lo spettacolo riscosse tanto successo da essere incluso quale Galà per i festeggiamenti dedicati ad Evita Peron in visita in Italia.