Io son l’umile ancella – 9 Parte

L’incontro con Totò fu sicuramente importante per la crescita professionale di Lia, sia perché determinò il suo debutto nel 1940, sia perché il “maestro”, riuscì a valorizzare alcune sue caratteristiche interpretative. Una profonda stima ha sempre caratterizzato i loro rapporti, Lia ricorda infatti, che i modi le attenzioni quasi paterne che Totò le riservava all’interno della compagnia, erano fuori dalle normali regole del teatro; davanti a lei infatti Totò evitava di raccontare, come a volte è d’uso dietro
le quinte, barzellette licenziose, invitandola perentoriamente ad allontanarsi; senza contare le affinità “aristocratiche” che Totò le riconosceva per alcune ascendenze nobiliari che li accomunavano.
Nel 1950 Per il suo impegno in radio ed in teatro Lia Origoni vince la Maschera d’Argento, il più importante riconoscimento dell’epoca istituito da Nino Capriati.
Ancora nel 1950, nella stagione organizzata dall’Anfiparnaso di Roma al teatro Eliseo, Lia interpreta “Il Tenore Sconfitto” opera di straordinario impegno di Tommasini—Brancati, con la regia di Guerrieri con scene e costumi di Renato Guttuso.
Nel 1951 incide a Torino per le edizioni della Fonit-Cetra la Vedova allegra, una delle sue interpretazioni più riuscite, prima di intraprendere una tournée in Egitto che la porterà ad Alessandria dove si esibisce allo Scarabèè di proprietà del Re Faruk.
Al Cairo alloggiava all’Auberge de Piramide, nei pressi della spianata di Giza: ogni sera finito lo spettacolo aveva l’abitudine di camminare da sola verso le Piramidi e sedersi davanti alla Sfinge a meditare, abitudine insolita e rischiosa per chiunque, ma mai una volta fu importunata. Anni dopo a Parigi, saprà dallo stesso Farouk oramai in esilio, che tutte le volte, la sua passeggiata era seguita e protetta dalle guardie del re che in incognito vigilavano sulla sua sicurezza.
Scoppiò nel 1951 la rivolta che detronizza Farouk: Lia in Egitto assiste alle azioni iconoclaste integraliste e decide di tornare in Italia. Ancora una volta per lasciare un paese in conflitto dovrà escogitare qualcosa: si fingerà malata di fegato assumendo per una settimana uova sode e whisky, il suo colorito giallognolo e malato le permetterà di essere rimpatriata ma il permesso per il rientro le costerà un paio di occhiali da sole americano, che il
funzionario addetto ai visti pretenderà per apporre il visto definitivo. Tornò quindi in Italia e riprese la radio con le sue rubriche, partecipando alla realizzazione delle prime trasmissioni di Gran Varietà mentre al Teatro Quirino era impegnata nel Duello Comico di Paisiello diretto dal maestro Antonellini per la regia di Lucio Chiavarelli e il tenore Pirino anch’esso sardo, ma i palcoscenici internazionali la richiedono con insistenza ed in quegli anni Parigi diverrà il centro della sua vita artistica.